Micro Racconti

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Fior di loto

Il fior di loto nasce nel fango. Il passeggero seduto di fronte a lei sul treno che la portava a Roma, prima di scendere le aveva sorriso e le aveva detto questa frase. A Milano, poco dopo la partenza, lui si era accorto delle lacrime che scendevano dietro gli occhiali

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Il vestito blu

Seduto sulla poltrona mi guarda e sorride. Ha acceso le candele bianche sul tavolino da tè e abbassato tutte le luci tranne la lampada che illumina me. Lui e Il vestito blu sul divano aspettano che io dia inizio alle danze. Mi sembra incredibile che dopo anni mi chieda ancora

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The Change

Lucilla imprecò a bassa voce, quei dannati tubetti la stavano sommergendo. Quando erano apparsi nel suo bagno? Da ragazzina passava ore lì dentro a fumare e a fare bagni in compagnia di un libro, ma non un minuto a spalmare creme. The change l’aveva definito la sua amica inglese: “il

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Testa PEN(sante)

Oggi mi sento la testa pe(n)sante, come se qualcuno ci stesse pescando dentro. Io non credevo fosse possibile davvero, ma mi sono dovuto ricredere quando tre pescatori si sono affacciati nella mia calotta cranica aperta e mi hanno detto che avevano pescato tre spigole. In effetti oggi mi sento alquanto

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A cuore aperto

La ragazza continuò a parlargli aprendogli il cuore. Sentiva che quello sconosciuto sulla panchina in attesa del treno, poteva raccogliere i suoi segreti. E così era stato. Aveva liberato ogni tormento che le premeva dentro togliendole il respiro, e lui l’aveva guardata sorridendole dolcemente senza mai distogliere lo sguardo. Non

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Chi l’ha vista, sa

Sento che nulla mi tocca. Che potrebbe succedere l’imprevedibile: un terremoto non mi toglierebbe la terra sotto i piedi. L’ho vista da vicino io. Mi ha toccato, mi ha abbracciato in una gelida stretta e ha provato a trascinarmi via con lei. Ore che sono diventati giorni in cui ho

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Il gioco di Lara e Camilla

Fuori diluviava. Le nostri madri non ci avrebbero fatto uscire. Di giocare a pallavolo con la palla di carta non se ne parlava. Avevamo centrato la lampada condominiale e la signora Righi del terzo piano ci aveva dato delle teppiste. Invitai Lara a venire su da me, saremmo state sole

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Il mio fiore è stanco?

  Chiedo, impaurita: mamma, il mio fiore è stanco? La rosa bianca del giardino della nonna ha la testa abbassata e due petali ai suoi piedi, ma profuma ancora. Mia madre guarda il fiore e mi accarezza, “credo di sì, Camilla. Le abbiamo dato l’acqua, ha goduto della luce e

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La Vita in una Stanza

Gli sfiorò il capo in una piccola carezza, un’altra e altre ancora, fino a quando l’agitazione lasciò il suo corpo diafano e Libero si abbandonò al sonno. Gli sistemò le coperte e si sedette sulla poltrona che ormai era diventata sala da pranzo, da lettura e da letto. Si allontanava solo

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Il primo passo

L’odore di disinfettante mi sorprende appena varcata la soglia. A destra, la sala d’attesa è deserta. Dietro le porte delle altre due stanze che si affacciano sull’ingresso, un vociare indistinto è l’unico segnale che ci sia qualcuno nello studio. Mi accomodo su una delle quattro sedie in acciaio e pelle

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di Vanessa Di Marco

Fior di loto

Il fior di loto nasce nel fango. Il passeggero seduto di fronte a lei sul treno che la portava a Roma, prima di scendere le aveva sorriso e le aveva detto questa frase. A Milano, poco dopo la partenza, lui si era accorto delle lacrime che scendevano dietro gli occhiali

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di Vanessa Di Marco

Il vestito blu

Seduto sulla poltrona mi guarda e sorride. Ha acceso le candele bianche sul tavolino da tè e abbassato tutte le luci tranne la lampada che illumina me. Lui e Il vestito blu sul divano aspettano che io dia inizio alle danze. Mi sembra incredibile che dopo anni mi chieda ancora

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di Vanessa Di Marco

The Change

Lucilla imprecò a bassa voce, quei dannati tubetti la stavano sommergendo. Quando erano apparsi nel suo bagno? Da ragazzina passava ore lì dentro a fumare e a fare bagni in compagnia di un libro, ma non un minuto a spalmare creme. The change l’aveva definito la sua amica inglese: “il

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Marcello Marinelli

Testa PEN(sante)

Oggi mi sento la testa pe(n)sante, come se qualcuno ci stesse pescando dentro. Io non credevo fosse possibile davvero, ma mi sono dovuto ricredere quando tre pescatori si sono affacciati nella mia calotta cranica aperta e mi hanno detto che avevano pescato tre spigole. In effetti oggi mi sento alquanto

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di Vanessa Di Marco

A cuore aperto

La ragazza continuò a parlargli aprendogli il cuore. Sentiva che quello sconosciuto sulla panchina in attesa del treno, poteva raccogliere i suoi segreti. E così era stato. Aveva liberato ogni tormento che le premeva dentro togliendole il respiro, e lui l’aveva guardata sorridendole dolcemente senza mai distogliere lo sguardo. Non

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di Vanessa Di Marco

Chi l’ha vista, sa

Sento che nulla mi tocca. Che potrebbe succedere l’imprevedibile: un terremoto non mi toglierebbe la terra sotto i piedi. L’ho vista da vicino io. Mi ha toccato, mi ha abbracciato in una gelida stretta e ha provato a trascinarmi via con lei. Ore che sono diventati giorni in cui ho

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di Vanessa Di Marco

Il gioco di Lara e Camilla

Fuori diluviava. Le nostri madri non ci avrebbero fatto uscire. Di giocare a pallavolo con la palla di carta non se ne parlava. Avevamo centrato la lampada condominiale e la signora Righi del terzo piano ci aveva dato delle teppiste. Invitai Lara a venire su da me, saremmo state sole

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di Vanessa Di Marco

Il mio fiore è stanco?

  Chiedo, impaurita: mamma, il mio fiore è stanco? La rosa bianca del giardino della nonna ha la testa abbassata e due petali ai suoi piedi, ma profuma ancora. Mia madre guarda il fiore e mi accarezza, “credo di sì, Camilla. Le abbiamo dato l’acqua, ha goduto della luce e

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di Vanessa Di Marco

La Vita in una Stanza

Gli sfiorò il capo in una piccola carezza, un’altra e altre ancora, fino a quando l’agitazione lasciò il suo corpo diafano e Libero si abbandonò al sonno. Gli sistemò le coperte e si sedette sulla poltrona che ormai era diventata sala da pranzo, da lettura e da letto. Si allontanava solo

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di Vanessa Di Marco

Il primo passo

L’odore di disinfettante mi sorprende appena varcata la soglia. A destra, la sala d’attesa è deserta. Dietro le porte delle altre due stanze che si affacciano sull’ingresso, un vociare indistinto è l’unico segnale che ci sia qualcuno nello studio. Mi accomodo su una delle quattro sedie in acciaio e pelle

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