Fior di loto

Il fior di loto nasce nel fango.

Il passeggero seduto di fronte a lei sul treno che la portava a Roma, prima di scendere le aveva sorriso e le aveva detto questa frase.

A Milano, poco dopo la partenza, lui si era accorto delle lacrime che scendevano dietro gli occhiali scuri e le aveva porto un fazzoletto.

Era stato come stappare una bottiglia di coca-cola dopo averla agitata. Gli aveva spruzzato addosso tutto il suo malessere. Gli aveva raccontato del marito che in un mercoledì qualunque a tavola invece di dire “mi passi il pane” le aveva detto “Sono infelice e la causa sei tu”. Gli aveva confessato di come l’avesse supplicato di dare a lei e al loro matrimonio un’altra possibilità e quanto caro avesse pagato quella concessione. Di come l’avesse fatta sentire sbagliata, fallita e fastidiosa. Di come avesse smesso di desiderarla, anzi di guardarla. Se i suoi occhi cadevano su di lei era sempre per mostrarle insofferenza, disprezzo o rancore come se fosse stata lei a strappargli l’amore dalle orbite.

Aveva fatto tutto quello che lui aveva richiesto e i terapisti suggerito, e non era servito a nulla.

Era così stanca. Stanca e sola. In questi sedici interminabili mesi aveva perso anche i genitori. Il padre era caduto fratturandosi il bacino. Entrato in ospedale, non ne era più uscito. La madre era morta nella RSA dove lei l’aveva messa su richiesta del marito che non voleva più estranei sul groppone. Quando l’avevano chiamata dalla struttura, un cappio al collo le aveva tolto l’aria.

Aveva guardato il cortile dall’alto del sesto piano e aveva dovuto lottare contro il desiderio di mettere fine a quel dolore che la stava soffocando.

Il fior di loto nasce dal fango erano state le uniche parole di quell’uomo che le aveva tenuto le mani tremanti per tutto il tempo.

Lesse su internet che questo bel fiore emerge dal fango. Ogni notte si chiude per sprofondare, ma all’alba riemerge di nuovo sull’acqua sporca, intatto.

Era sprofondata in una lunga notte e non sarebbe mai riemersa intatta, ma forse poteva cominciare col sollevare un piede dalla melma.

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