Ultime volontà

Si chiuse la porta alle spalle dopo aver abbracciato il nipote, l’ultimo a lasciarla al ritorno dal cimitero.

Si tolse i vestiti scuri che le incupivano l’anima, indossò un pantalone e il confortante cardigan bianco.

Si sedette davanti al camino e aprì il quaderno, l’ultimo.

 

 

Caro D,

mi chiedo ogni giorno quali saranno le ultime parole che ti scriverò. Il corpo è sfinito da una guerra troppo lunga e la mente non riesce più a spingerlo in battaglia.

Molte delle lettere scritte in questi anni da lasciare a chi amavo sono finite nel cestino. I destinatari mi hanno preceduto senza avere la possibilità di sapere quanto realmente avessi desiderato il loro bene.

Ho scritto l’ultima lettera a mia figlia.

A Laura ho preferito dare la sua in tempi non sospetti. Povera amica mia, le ho dato le istruzioni sul mio post-mortem a vent’anni, prima di entrare in sala operatoria. A lei, a differenza di tutti gli altri, sono sempre riuscita ad esprimere il mio amore.

Ho dato via i vestiti e tutto ciò che ho smesso di utilizzare. Che continuino a vivere altrove. Detesto gli sprechi.

Mi sono sbarazzata di Roger. Da tempo non lo usavo più. La malattia è riuscita a spegnere l’unico piacere di cui non mi ero mai privata.

Caro D, ho pianto come se avessi detto addio a un grande amore. Ti sembra folle? Per questo te lo dico ora che stai per morire insieme a me.

Lui è l’unico con cui ho provato piacere. Il solo che ha fatto cadere ogni inibizione spingendo i sensi oltre ogni immaginazione.

Con Roger ho fantasticato in mondi lussuriosi e perversi. Bastavano due batterie e la mente andava in posti mai esplorati nella vita reale. Non dovevo nascondermi o trattenermi. Dopo ogni orgasmo mi sono chiesta perché con nessun uomo fossi mai riuscita a lasciarmi andare. 

L’educazione religiosa? La mania ossessiva del controllo? Non aver mai amato perdutamente?

Queste, come tante domande, rimarranno strette al loro punto interrogativo.

 In quale prigione ho vissuto tutta la vita, negandomi la più ancestrale libertà.

Chiuse il quaderno pentita di aver letto quell’ultima pagina del diario di Maria.

A una a una bruciò nel camino tutte le storie raccolte in quelle pagine, come promesso cinquant’anni prima a quella ragazza spaventata su un letto d’ospedale.

 

 

 

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