Tutt’altro che un cappello…
Gli adulti e la loro fatica di comprendere da soli.
Il Piccolo Principe si presenta come una metafora della vita stessa dell’autore di questo capolavoro letterario. Il racconto autobiografico, riportato nel primo capitolo, dice, infatti, qualcosa di interessante circa la personalità del nostro scrittore. Se volessimo immaginare di fargli un’intervista, probabilmente, ne verrebbe fuori una storia ricca di fascino per tutto ciò che è “natura”, un carattere facilmente impressionabile e una capacità riflessiva superiore alla norma.
L’ultimo tratto elencato rimanda all’esperienza di molte persone che sentono quasi come una maledizione la loro pur magnifica profondità di pensiero. Esse sono tacciate di “idealità” eppure hanno i piedi ben piantati a terra, sono ritenute “strane” e per questo, spesso, vengono estraniate come gente che corre dietro a stupide fantasticherie.
Quegli adulti che non hanno saputo vedere nel disegno di un bambino di sei anni nient’altro che un cappello, non hanno avuto paura di non aver dato importanza al dramma di un fanciullo, liquidandolo con frettolosa superficialità. Se solo qualcuna di quelle persone grandi avesse operato una sospensione del giudizio, oggi, potremmo apprezzare anche l’arte pittorica di Antoine, purtroppo precocemente abortita; un atroce preludio della sua altrettanto precoce scomparsa.
Chissà se l’essere diventato un pilota di aerei avesse avuto per lui il significato di volersi ergere al di sopra di una massa che rischiava di fagocitarne, come un boa vorace, l’espressione creativa. Fatto sta che l’autore ci racconta una verità, per certi versi, drammatica: senza qualcuno che ci aiuti a comprendere la profondità delle cose della vita, ne coglieremo sempre e solo una minima parte e, forse, quella meno indispensabile.
Siamo pronti a che l’incontro con qualcuno di inaspettato e/o insospettato, magari con un piccolo bambino, possa mandare in crisi il nostra sistema di pensiero ideologico e settorializzato. Potrebbe rivelarsi una vera benedizione conoscere qualcuno, chiunque esso sia, che ci permetta di capire che, oltre il “nient’altro che”, esiste un “tutt’altro che” (cf, a tal riguardo, il pensiero di Viktor Frankl), il quale, può farci scoprire la serietà insita a ogni stagione e condizione della vita.
2 risposte
Bella domanda. Siamo pronti a metterci in discussione? Siamo disposti a farci smuovere i rami e perché no le radici dalle parole e dalle riflessioni di una giovane voce? Questo libro amato e da alcuni considerato sopravvalutato, dovrebbe a mio dire occupare un posto nella libreria di ogni casa, proprio per dare l’opportunità a tutti di provare a essere smossi nelle proprie certezze.
Grazie, Vanessa. Nient’altro che o tutt’altro che… sta qui la differenza.