Pensieri a Raffica: Il Mio Cervello in Evidenza (Riflessione N. 974)

Sperando e Speranzando: Alla Ricerca Degli Unicorni

Benvenuti, che piacere, prego, entrate. Nella puntata di oggi, ci immergeremo in uno dei sentimenti più sregolati e avventati che scorrazzano nella giungla della mente umana: la speranza, quel piccolo anello di fumo dell’ottimismo che rende probabile persino trovare una mucca volante che suona il pianoforte. Allacciate le cinture, perché ci lanceremo in un’odissea cerebrale attraverso deliri stravaganti, illusioni quotidiane e, naturalmente, la sempiterna attesa del fantomatico messaggio di buonanotte che tarda ad arrivare. Prendete fiato e preparatevi a sorridere, a lasciarvi sorprendere e forse anche a chiedervi se non ho davvero bisogno di qualcuno che mi controlli il cervello.

Riflessione N. 974

La speranza, care amiche e cari amici, è un piatto di spaghetti condito con troppo zucchero. Quando siamo giù di morale per qualcosa che desideravamo andasse meglio, ci sediamo e mangiamo quella cosa dolce, appagante e appiccicosa, che a modo suo ci consola. È la flebile scintilla di luce che rischiara la via durante la crisi dell’incertezza, un faro che impedisce di schiantarsi contro gli scogli della vita. E, visto che siamo in vena di iperboli, possiamo aggiungere che avere speranza è come cercare un unicorno nel parcheggio del supermercato: anche se non è stagione, non è detto che non ci sia.

Nella stragrande maggioranza dei casi, ci aggrappiamo a essa come all’ultimo biscotto del barattolo, convinti che lo troveremo perché desideriamo sia così. Un po’ come quando aspettiamo il messaggio della persona alla quale non riusciamo a smettere di pensare, e noi siamo lì, trepidanti e col telefono in mano, immaginando l’emozione di come ci sentiremo quando vedremo la notifica col suo nome. Ma se non lo fa, e ce ne restassimo frizzati come statue di sale? Pazienza, ci rimane sempre la speranza che lo farà domani, o dopodomani, o probabilmente al prossimo allineamento dei pianeti.

La speranza è la voce che incoraggia a tentare un altro giro alla roulette dei sogni. Se fai attenzione, poi sentirla scuoterti per le spalle e dire: «Non puoi non vincere nulla senza avere il sacrosanto diritto di meritarlo con tutto ciò che ti è rimasto.» Allora ti siedi al tavolo verde, spingi una montagna di fiches davanti a te e punti fino all’ultimo centesimo. Non è follia, ma certezza. Eppure, la domanda fatale resta, non riusciamo a ignorala, è più forte di noi: «Che facciamo se perdiamo?» La fortuna ci sorriderà al prossimo tentativo, magari quando il croupier non guarda.

Ma la speranza è anche quell’incredibile sostegno che ci aiuta ad avere la meglio nelle bizzarrie degli impegni quotidiani. Tipo quando sei in fila alle poste, tra gente che ad ogni starnuto non si preoccupa di mettere una mano davanti alla bocca o, alla peggio, si asciuga con la manica della camicia; o tra chi ne molla una più puzzolente e rumorosa dell’altra, come se la linea di fuoco fosse libera. E in tutto questo tu sei lì, con una pila di scartoffie da compilare e un monte di bollette da pagare, con i piedi gonfi, le ginocchia a pezzi e la schiena messa peggio, rimproverandoti per non essere arrivato prima e di non aver portato una maschera antigas, sperando che allo sportello non ci sia la solita tardona in meno pausa che invece di darti una mano ti mortifica perché non sei abbastanza sveglio per aprirti un ufficio postale nella cantina di casa tua.

Tirando le somme, la speranza è il carburante senza il quale resteremmo a piedi. Ci incoraggia quando siamo lì lì per dare forfait, punta il dito là dove davamo per scontato non ci fosse via d’uscita. È il giallo su uno sfondo nero, una risata in un momento penoso, uno scopo nell’animo di chi crede esista ancora qualcosa per cui svegliarsi.

Care amiche e cari amici, a costo di ripetere una frase fatta, la speranza è una cosa buona, alla pari dell’umiltà. Ve lo dice uno che la speranza manco sapeva che forma avesse ma che, dopo averla rincorsa a rischio d’infarto, l’ha acchiappata per i capelli e l’ha stretta a sé. È nella disperazione più totale, quando il tutto per tutto è sul banco e le probabilità di scamparla sono brutalmente contro di te, che hai l’occasione di convincerti che quell’unicorno nel parcheggio lo troverai davvero.

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