Leonardo e il suo desiderio di eternità

Per Leonardo c’era il tempo vissuto per la materia, per la realtà, per la corporeità, per la vita nella sua ciclica rappresentazione quotidiana, ma al tempo stesso esplorava, soprattutto con l’ausilio della musica, la irrealtà, la insensatezza la profondità del vivere della mente e della sua rappresentazione al di là della materia e della corporeità. In certi momenti i brandelli di vita quotidiana, sommati gli uni agli altri davano il segno del tempo, del suo tempo, ma doveva andare al di la del tempo, doveva avere l’illusione di andare al di là del tempo. Con la sua musica aveva la percezione di inseguire la sua illusione.

C’erano molti brani di musica strumentale che favorivano questa fuga dalla contemporaneità, dalla realtà percepita, dal suo bisogno di infinito, ma con uno in particolare, questa sensazione di andare oltre, sembra la toccasse con mano e la sperimentasse.

Era un brano di Pat Metheny “Always and forever” a dargli forte questa sensazione di eternità “forever”, per sempre. La sua illusione era quella di accarezzare l’idea di eternità, o di infinito oppure di dare un nome a quella smania di andare oltre quello che si vede e non si tocca, voleva toccare il nucleo dell’invisibile, del percepito senza prove, dell’inspiegabile, del mistero che circonda la vita.

Era un desiderio sovrumano di cui era cosciente, ma non poteva fare a meno di provare il brivido di questa ricerca emotiva. Il gusto dell’inafferrabile, dello sconosciuto, dell’imperscrutabile.

Il lirismo della chitarra e dell’armonica a bocca, davano fiato a questo suo bisogno di mistero. I suoi attimi sommati tra di loro, e poi altri attimi ancora e ancora altri attimi formavano la trama della sua vita e a questi attimi voleva, a volte, dare uno spessore cosmico, una prospettiva che poteva rasentare il misticismo, ma non essendo un mistico, la sua ricerca era puramente esistenziale e non religiosa. Leonardo amava follemente la musica e con la musica, da folle com’era, inseguiva la chimera del significato dell’esistenza, o meglio del tentativo di intuirla, almeno una percentuale irrisoria di questo tentativo velleitario. Sapeva che non avrebbe mai capito nulla di tutto questo razionalmente, ma indipendentemente dal suo raziocinio, l’ascolto di un certo tipo di musica faceva sgorgare in lui questo tipo di sensazioni, suo malgrado.

Allora, in quella calda giornata di ottobre, Leonardo, consapevole dei limiti della comprensione umana, si avviava verso la fine del pomeriggio con la consueta convinzione che nulla sarebbe stato per sempre e allora, anche se nulla sarebbe stato per sempre, già sapeva che avrebbe continuato, nonostante tutto, a ricercare l’eternità.

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