Caterina e l’orrore ai tempi del coronavirus.

Era irriconoscibile: le mancavano i due denti davanti, sul viso e sul collo aveva lividi, graffi e segni bluastri le rigavano i polsi come macabri bracciali. I suoi bei capelli erano arruffati e indossava un paio di pantaloni del pigiama con una maglietta a maniche corte sopra. Tremava per il freddo e sicuramente non solo per quello.

Quando mi ha vista entrare nel Commissariato, si è alzata per venirmi incontro e mi sono accorta che zoppicava. Mi si è gettata quasi addosso e l’ho abbracciata. Le sue piccole spalle erano scosse dai singhiozzi. Un acre odore di acido ha investito le mie narici.

Poi siamo entrate nella stanzetta dell’ispettore che ci ha ricevute e, nonostante le sue condizioni pietose, ha incominciato a parlare con voce nitida e ferma.

L’ho conosciuto circa due mesi fa in una festa dell’Università. Ci siamo divertiti molto quella sera e, da allora, siamo diventati inseparabili.

Mi piaceva tutto di lui: il suo modo di ballare, la sua passione per la musica, la conversazione brillante e colta.

E’ un po’ più grande di me: io ho 23 anni, lui ne ha 30 e mi ha incantata con i racconti dei suoi viaggi nel mondo che, dopo la laurea, non ha smesso di fare passando da uno stage all’altro, da un Paese ad un altro perché conosce molte lingue.

Quando il 9 marzo scorso hanno disposto il lockdown, mi è sembrato quasi naturale trasferirmi a casa sua: non avrei sopportato di rimanergli lontana chissà per quanto tempo.

Quella prima serata è stata meravigliosa: l’Italia intera era terrorizzata da quello che sarebbe potuto accadere per il coronavirus ma io ho vissuto quel momento come l’inizio di una favola. Mi ha fatto trovare i fiori sul tavolo e lo champagne e, sin dalla porta d’ingresso, ho avvertito il profumo delizioso della cena che stava preparando.

Già dopo qualche giorno, però, ho notato alcuni comportamenti strani: lunghi momenti in cui si isolava e si stizziva se gli stavo intorno, alcune risposte molto sgarbate, un calcio dato ad un mobile durante una nostra discussione, la richiesta di prestazioni sessuali che mi mettevano in profondo imbarazzo. Una sera mi ha letteralmente lanciato addosso il piatto con la pasta bollente che stavo mangiando.

Poi, però, si scusava, ritornava ad essere il ragazzo dolcissimo che avevo conosciuto un mese prima, si giustificava parlandomi di grossi problemi nella sua famiglia ed io ogni giorno ho rimandato il ritorno a casa mia.

Mi sono trovata di fronte ad una realtà che va ben oltre l’orrore, una mattina che il mio computer non si accendeva ed avevo assolutamente bisogno di inviare il materiale della tesi al professore.

Lui era uscito per fare la spesa e avevo deciso di usare il suo portatile. Ho provato qualche password sino a trovare quella giusta. Poi gli avrei spiegato l’urgenza che mi aveva indotta a violare la sua privacy. Lui avrebbe sicuramente capito.

Quando il computer si è avviato, mi ha rimandata ad un sito pornografico.

Anzi, più esattamente, pedopornografico.

Sono rimasta impietrita: scorrevano video di bambini, anche molto piccoli, costretti a subire ogni sorta di violenza da parte di mostri senza scrupoli.

Ancora, però, non volevo arrendermi alla realtà e mi sono illusa che si fosse collegato a quel sito per qualche progetto da portare a termine: lui è sociologo e fa giornalismo d’inchiesta.

Un tarlo, però, si è insinuato nel mio cervello. Mi sono affrettata a richiudere tutto e mi sono ripromessa di controllare, appena possibile, la presenza nel suo computer di eventuali bozze di lavoro relative alla pedopornografia.

Dopo un paio di giorni, perciò, di nuovo sola dentro casa, ho riavviato il suo pc e un’altra volta sono passati dinanzi ai miei occhi i video di quel sito. Con una nausea profonda stavo per aprire la cartella dei suoi lavori ma, inaspettatamente, lui è rientrato in anticipo.

Quando mi ha vista alla scrivania davanti al suo computer, nemmeno ha provato ad inventare una scusa: mi si è scagliato addosso con una furia violentissima, riempiendomi di calci e di pugni in ogni parte del corpo. Mi ha fatto saltare i due denti davanti. Ero tramortita, il sangue mi colava da tutte le parti ma lui mi ha legata a letto e mi ha costretta a fare delle cose così sconce che provo vergogna a riferire imponendomi di guardare, trasmettendole sullo schermo del televisore, le immagini di quei bambini violentati e torturati.

Mi ha rubato il telefonino, me lo dava solo la sera quando, davanti a lui, chiamavo i miei genitori che vivono in Toscana: che fatica fingere con loro che andava tutto bene! Ed era lui a rispondere ai messaggi dei miei amici. Da quel giorno non si è mosso più da casa e mi ha praticamente sequestrata.

Si sono susseguiti momenti, ore, giorni che mi è difficile descrivere: basta guardarmi per capire quello che mi ha fatto nel corpo. Ma anche la mia mente è ridotta a brandelli.

Raccontava di avermi scelta perché sono piccola e magra, quasi senza seno e assomiglio a una bambina e, mentre mi diceva queste cose, si eccitava e mi sbatteva con furia sul letto, sul pavimento, sul tavolo, ovunque capitasse, costringendomi ad un nuovo supplizio.

Oggi a pranzo ha bevuto più del solito. Io non volevo mangiare, lui ha preso il cibo con le mani e me lo ha ficcato con la forza in bocca. Poi mi ha violentata un’altra volta, mi ha vomitato addosso e siccome si è sporcato anche lui, è andato a fare una doccia.

Forse perché era ubriaco non si è accorto che non mi aveva legata, come aveva sempre fatto quando andava in bagno ed io, quando ho sentito scorrere l’acqua, ho aperto la porta e mi sono precipitata qua in Commissariato.

Il resto lo sapete: dal vostro telefono ho chiamato l’avvocato perché è la mia madrina e una cara amica di famiglia”.

Lui è stato arrestato alla stazione Termini, dove cercava di prendere un treno per Milano con una falsa autocertificazione.

I capi di imputazione sono pesanti e spero che marcisca in carcere il più a lungo possibile.

Le successive indagini della polizia postale hanno fatto luce sulla rete pedopornografica di cui faceva parte e che aveva costantemente alimentato durante i suoi viaggi nei paesi più poveri.

Caterina è ritornata in Toscana dai genitori: l’ho accompagnata io e, solo una volta arrivate, abbiamo spiegato loro cosa sia accaduto.

Ha di nuovo tutti i denti ma zoppica ancora leggermente.

I suoi occhi grandi e verdi, prima luminosi, sono spenti.

E raramente sorride.

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