“I promessi sposi”, di Alessandro Manzoni – Capitolo XXXIV

Affrontare la vita con cuore umano…

Alessandro Manzoni offre uno spaccato dell’interiorità di Renzo, mentre il tempo del suo ricongiungimento con Lucia non è molto lontano. Il promesso sposo viene descritto in questi termini:

“ma che volete? quell’idea un po’ più distinta d’un termine vicino, dove uscirebbe d’una grand’incertezza, dove potrebbe sentirsi dire: è viva, o sentirsi dire: è morta; quell’idea l’aveva così colpito che, in quel momento, gli sarebbe piaciuto più di trovarsi ancora al buio di tutto, d’essere al principio del viaggio, di cui ormai toccava la fine. Raccolse però le sue forze, e disse a se stesso: “ehi! se principiamo ora a fare il ragazzo, com’anderà?” Così rinfrancato alla meglio, seguitò la sua strada, inoltrandosi nella città”.

La vita e i viaggi, e ancor più la vita intesa con la metafora del viaggio, suscitano sempre qualche ambivalenza, per non dire ambiguità, nel cuore umano. Potrebbe capitare, per esempio, senza voler entrare nello specifico delle motivazioni di ognuno, che ci si senta tristi prima di partire per un viaggio a lungo desiderato e preparato con entusiasmo.

Ciò che sembra rallentare il passo di Renzo è una specie di paura dell’ignoto, mescolata alle sue insicurezze e unita all’ignoranza dello stato di salute della promessa sposa. A pensarci bene, il giovane s’imbatte nelle resistenze che sorgono nel cuore umano, nel quale si consuma un combattimento atroce, che spezza il fiato e anche le gambe.

Pare di vederlo Renzo che, affrettandosi a mettere insieme gli indizi per ricongiungersi alla sua amata Lucia, come si suol dire “inchiodi” con una battuta d’arresto tale da fargli rischiare un testa coda, che l’avrebbe messo nella direzione sbagliata, quella della strada già faticosamente percorsa.

Provvidenzialmente, Renzo seppe darsi una scossa attingendo alle sue residue energie fisiche e mentali per continuare, “alla meglio”, il suo cammino. Il superamento di questo conflitto interiore non fa di Renzo un eroe, ma segna per lui il necessario passaggio di maturità dal fare le cose solo quando se la sente all’andare “oltre”, trasformando la resistenza in una specie di posizionamento su un “blocco di partenza”, come in una corsa d’atletica, che rende più spedito il passo verso lo sprint finale.

Grazie, Renzo, per aver saputo ascoltare te stesso, cosa si muoveva nel tuo cuore senza far finta di niente, ma anche senza assecondarne i movimenti o indugiando nell’attesa che passassero quei tumulti interiori; grazie, per aver voluto parlare a te stesso, per proseguire, nonostante tutto, il tuo viaggio. Grazie, perché tu che hai avuto bisogno di tanti consigli, ora, lasciandoti mettere in cammino dall’amore, sei diventato per noi maestro di un cammino di vita affrontato con cuore umano, con cuore narrante.

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