La NarraMondo è una raccolta di pensieri, viaggi, visite culturali e di piacere e perché no, stati d’animo. Quasi nove anni fa e’ iniziato il mio “nomadismo”.
Un po’ ero spaventata all’idea ma poi ci ho preso gusto. Ho avuto modo di collezionare ricordi , avventure , di provare cibi nuovi, conoscere culture diverse ed incontrare tante persone.
Ogni cosa , ogni persona è stato un tassello importante nel puzzle della mia vita. Nonostante abbia ancora bisogno di tante scoperte e tanti tasselli per poter essere incorniciato.
Non tutte le lezioni arrivano quando le cerchi. Alcune si infilano nei giorni qualsiasi, tra una strada che non conosci e una lingua che non ti appartiene. Al Cairo non ho imparato a fare qualcosa: ho imparato a stare, a perdere il controllo, a non capire subit
o e a non avere bisogno di farlo.
Il Cairo non ti accoglie, ti travolge e ti costringe a rivedere il concetto stesso di orientamento. Le strade sembrano muoversi da sole, le voci si sovrappongono, il tempo si dilata. All’inizio il caos mi innervosiva, sembrava una minaccia, una mancanza di logica, un rumore di fondo che non riuscivo a filtrare. Poi, vivendolo, ho smesso di combatterlo, ho iniziato, forse, ad accettarlo, a viverlo, a cercare un ritmo dentro quel disordine. Non è adattamento ma una forma di resa attiva, ti abitui ma non ti annulli, ti lasci attraversare.
Ho imparato che la presenza non si misura in parole, a volte basta esserci anche senza sapere esattamente come. In certi contesti, non è la lingua che ti permette di comunicare, ma il modo in cui ti muovi, ascolti, osservi. Ho smesso di cercare conferme ed ho iniziato a fidarmi di ciò che accade tra le righe, nei gesti che non chiedono attenzione ma la meritano.
Ho capito che l’identità non è una dichiarazione è un qualcosa che cambia, si adatta, si scompone. Essere straniera, essere ospite, essere altro… mi ha costretta a rivedere ogni definizione. La mia identità è una valigia che si riempie e si svuota. A volte pesa troppo, a volte è quasi vuota. Ma è mia, anche quando non so cosa contiene.
Ho scoperto che la bellezza non è pulita. Il Cairo mi ha insegnato che l’estetica può essere polverosa, rumorosa, disordinata e che il fascino non sta nell’ordine, ma nella tensione e nell’imperfezione che ti costringe a guardare meglio. I palazzi scrostati, le insegne sbiadite, il cielo che cambia colore senza preavviso, tutto parla, se sai ascoltare e se sei predisposta a farlo. La vulnerabilità è una forza, se la scegli tu, quello che sento non ha bisogno di permesso , lo porto con me, lo uso, lo espongo quando serve.
Ho capito che non tutto si capisce subito, ci sono cose che ho vissuto al Cairo che ancora oggi non so spiegare e forse non serve capirle, basta lasciarle sedimentare come la sabbia dopo il vento.
Non volevo imparare queste cose. Volevo solo vivere. Ma il Cairo insegna anche quando non chiedi. E forse è lì che impari davvero.
(PH: Rosa Moccia)


2 risposte
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